Adesso io sono perso in colui che acceca. Poesia a Dio nel Novecento
- Autore/i.................: Mussapi R. (cur.)
- EAN.........................: 9788868799403
- Editore....................: Cantagalli
- Collana...................: A caccia di Dio
- Pagine.....................: 256
18,00 €
Tasse incluse
La poesia è sempre religiosa, anche quando il poeta nega Dio. È sempre religiosa perché si interroga sull'infinito, perché cerca e svela e attraversa la superficie del mondo. Anche nel Novecento, il secolo della messa in crisi dei valori sacri e religiosi, il secolo del dominio sanguinario di dittature disumane come il nazismo e il comunismo, il secolo in cui l'uomo cerca solo in sé stesso la risposta ai propri problemi, o più frequentemente non la cerca, chiudendosi nella rinuncia. In questo secolo di crisi, definito lucidamente da grandi poeti età dell'ansia, tempo di uomini vuoti, la poesia, che non muore mai, essendo congenita e genetica (fa parte del nostro DNA, scrisse il Nobel Brodskji), continua a vedere, a scoprire e altre volte a cercare Dio. E a volte a gridare quando non lo trova, quando non ne sente la risposta. Ma lo cerca sempre, o disperatamente lo nega, come principio ultimo della realtà del mondo e dell'uomo. Da Rainer Maria Rilke, il sommo che apre il Novecento, l'autore delle poesie su Maria che eguaglino e superano l'iconografia del Quattrocento, ai versi di Ungaretti, un canto che si leva nell'oscurità, portando il poeta, l'uomo, da "uno stagno di buio" alla gioia primordiale di un bambino, che Dio fa "ubriaco d'universo". Thomas Stearns Eliot, faro del Novecento: il più grande dei moderni nel percepire la crisi del tempo e quindi dell'uomo: La terra desolata, Gli uomini vuoti: titoli che già riassumono la sostanza dei capolavori in versi in cui l'uomo è visto nella sua disperata crisi e solitudine. A cui poi soccorrono voci, venti, acque: nella Terra desolata parole dalla Bibbia e dal libro dell'Induismo promettono rinascita...
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